Quattro miti sull’Outdoor Training

Quattro miti sull’Outdoor Training

Sfatare le leggende metropolitane sull’outdoor training

Quattro miti sulla formazione esperienziale

Ecco i 4 miti sbagliati sul percorso formativo esperienziale che Roberta Papi, la nostra formatrice esperta di outdoor training, si è sentita dire negli anni. 

1. CI FARANNO CAMMINARE SUI CARBONI ARDENTI

Personalmente non l’ho mai fatto, ma l’identificare l’outdoor training e il team building con una situazione creata ad hoc è un errore tipico di chi non conosce lo strumento.
Un buon programma di outdoor tiene conto di tutti i fattori di rischio, personale e collettivo, e li abbatte. Ogni singola attività viene concepita per evitare danni fisici e psicologici sulle persone, e tutte quelle che vengono proposte sono sviluppate nel dettaglio.

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2. GUARDANO COME CI COMPORTIAMO E CI DANNO UNA VALUTAZIONE

I programmi hanno degli obiettivi e l’unica cosa che viene valuta è quanto di quegli obiettivi siano stati in grado di sviluppare e raggiungere. Non viene mai data una valutazione individuale perché non sarebbe metodologicamente corretto.
Durante l’esperienza di outdoor, mettiamo le persone in condizioni inusuali per loro e proponiamo attività che sono al di fuori di ciò che viene richiesto loro in azienda. Per questo motivo non è prevista una valutazione personale. Il momento è da considerarsi come un laboratorio, dove sbagliare può essere utile alla comprensione delle dinamiche da correggere.

3. SE CI HANNO MANDATO A FARE OUTDOOR TRAINING È PERCHÉ CI SONO DEI PROGETTI SU DI NOI

L’obiettivo è sempre dichiarato fin dall’inizio del percorso, non ci sono retro pensieri su un’azione formativa differente da quella comunicata, così come avviene nei casi di corsi in aula.
Lo scopo finale viene sempre espresso apertamente e condiviso con tutti i partecipanti, che in quella occasione possono fare tutte le domande che vogliono e soddisfare le loro curiosità su ciò che sarà fatto. L’invito è quello di considerare il momento come un azione formativa a tutti gli effetti.

4. DOVRÒ STARE ATTENTO A TUTTO E TUTTI PERCHÉ DA DOMANI MI GIUDICHERANNO

Prima di iniziare il programma, con i partecipanti al corso, viene sempre stipulato un “Patto d’aula” con cui si chiede proprio di dare feedback onesti e costruttivi in relazione agli obiettivi e alle dinamiche che si sono create nel corso dell’esperienza.

Ognuno si assume la responsabilità di ciò che può fare e di come farlo, impegnandosi a dare il 100% delle proprie possibilità. Non solo non c’è giudizio ne valutazione, ma anzi viene incoraggiato proprio chi mette a disposizione ciò che ha per come lo ha. Se una persona avesse, ad esempio, problemi fisici e non potesse partecipare fisicamente allora il suo impegno sarà rivolto all’aspetto creativo, come l’individuazione di soluzioni per aiutare i compagni.


Leggi l‘intervista a Roberta Papi in cui spiega a chi e perché è utile partecipare a questo tipo di attività formativa esperienziale.

ROBERTA PAPI è una formatrice esperta che da anni collabora con numerose aziende nel campo del miglioramento delle performance nei gruppi di lavoro, della gestione delle relazione interne, del time management e dell’individuazione degli obiettivi e criteri di misurazione degli stessi.
Dal 2000 concentra il proprio interesse nello sviluppo di percorsi didattici per lo sviluppo di comportamenti organizzativi volti alla collaborazione e delle competenze trasversali, ovvero le soft skills.

Nell’ambito del suo lavoro impiega numerose metodologie: dai percorsi in aula e la classica lezione frontale alla formazione esperienziale e outdoor training.

Se hai altri dubbi e/o domande da porre alla nostra docente, ti invitiamo a lasciare un commento

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